Il vento, di sera

Legati fragilmente al filo della vita come foglie che basta un poco di vento a far volare via (Bernard-Marie Koltès). Quelle raccontata nel film è la notte più lunga di un uomo scaraventato là dove non avrebbe mai immaginato, ed è la notte più lunga di una città inconsapevolmente travolta dalla cronaca. Sono sentimenti intensi e occasioni leggere, smarrimenti e incontri. Occasioni perdute, come una vita volata via, una sera, con un po’ di vento…

Spari nella notte. E la notte scende nella vita di Paolo. La solitudine, la vertigine della perdita e il lutto per la morte del compagno Luca, coinvolto nell’agguato terroristico teso in pieno centro storico a un importante esponente governativo, lasciano “il segno potente di un cinema italiano rinvigorito” (Variety).

Dopo aver debuttato in prima mondiale al 54mo Festival di Berlino, Il vento, di sera di Andrea Adriatico (2004) ha girato con successo in decine di festival in Europa, America e Australia, ed è stato distribuito in Germania e Italia, dove ha vinto il primo premio al Roseto Opera Prima Film Festival.
Il film è interpretato da Corso Salani (che con questo film ha vinto il premio come miglior attore al Clorofilla Film Festival) e Francesca Mazza, affiancati, tra gli altri, da Fabio Valletta, Sergio Romano, Paolo Porto, con la partecipazione straordinaria di Giovanni Lindo Ferretti, Alessandro Fullin e Ivano Marescotti. Sceneggiatura di Stefano Casi e Andrea Adriatico; musiche di Roberto Passuti; fotografia di Gigi Martinucci.

Il dvd (produzione Shin Vision, distribuzione Exa Cinema) ha i sottotitoli in francese, inglese, tedesco, portoghese e italiano per non udenti. Oltre a questo, diversi contenuti extra (schede, fotografie, trailer).

Rassegna stampa

Inizia da Bologna, proseguendo poi a Roma e a Milano, al Mexico, la “tournée” di un film bello, civile e indipendente Il vento, di sera, applaudito al Forum di Berlino e diretto da Andrea Adriatico col supporto di un’organizzazione e un’esperienza teatrali.
Lanciato come una glossa sul caso Biagi, in realtà il film parte con un omicidio bolognese simile a quello, ma poi diventa altro, indagando sui riflessi che ha la morte di un testimone. Così stiamo per una notte in compagnia del dolore sommerso dell’amico gay della vittima, che tenta invano di razionalizzare la follia di una morte senza causa. Una notte di panico, solitudine, con un vano incontro casuale: la vita riemerge all’alba, smarrita, da un bar. Grazie alla sofferta, introversa misura di Corso Salani, il regista esprime coerente, in un film di sottintesi e sguardi intrecciati, la sofferenza individuale ma anche lo show della sofferenza organizzata dei mass media.

(Maurizio Porro)

Un uomo di fronte all’improvvisa e tragica perdita della persona amata. Poteva essere un tema a rischio (di lacrime, di retorica, di luoghi comuni) e invece Il vento, di sera riesce a evitare tutti i pericoli e portare lo spettatore a riflettere in maniera non superficiale sulla disperazione senza spiegazioni che la morte trascina con sé. Un traguardo ancora più encomiabile, poi, se si pensa che l’amore distrutto dal caso (involontario spettatore dell’assassinio di un uomo politico, un giovane avvocato è ucciso dal killer che vuole eliminare un pericoloso testimone) è un amore omosessuale: non una scelta provocatoria ma piuttosto un espediente narrativo che incrociandosi con alcune aporie della nostra legislazione (il medico che si rifiuta di dare notizie a chi “non è un parente”) o della nostra mentalità (la madre del morto che scarica sul compagno Paolo il suo odio omofobo) permette da una parte di riflettere sul grado (insufficiente) di civiltà del nostro paese e dall’altro rende ancora più dolorosa la condizione di solitudine del protagonista. Perché il cuore del film, che segue per una interminabile notte il girovagare di Paolo attraverso Bologna (a proposito: un regista esordiente che sceglie il buio invece della luce: anche questo è un merito da non sottovalutare), il senso profondo de Il vento, di sera è proprio l’impossibilità di convincersi dell’accaduto, di fare i conti con una realtà che improvvisamente appare crudele e straziante. Il film non vuole descrivere il dolore (sarebbe “immorale” ridurlo a lacrime e lamenti) ma piuttosto farci aprire gli occhi sulla solitudine del dolore, perché a tutti forse è capitato di sfiorare il tormento di una persona senza rendersene conto, senza accorgersene. Proprio come succede ai molti personaggi che Paolo casualmente incontra, dal giornalista a chi si diverte al cabaret, e la cui superficialità diventa all’improvviso insostenibile e disumana.

(Paolo Mereghetti)

Ecco un bel film italiano: Il vento, di sera, presentato con successo alla Berlinale. (…) Il film di Andrea Adriatico, conosciuto finora per il pluripremiato corto Pugni e su di me si chiude un cielo, ha indubbie qualità. La storia è sfortunatamente verosimile, così come i tristi addentellati – si pensi alla tremenda quanto realistica scena dell’ospedale – e il viaggio di Paolo, accompagnato solo dal suo strazio, è narrato in punta di piedi, con un minimalismo che scava a fondo nei sentimenti senza essere retorico. In questo stile asciutto, che porta a galla l’essenza del dolore, tutto funziona bene, dalla recitazione alla fotografia che esalta l’asetticità di una città notturna inospitale e fredda. Peccato che l’idea di base non sia stata sviluppata ulteriormente e che le persone incontrate da Paolo siano lacerti un po’ approssimativi di un percorso incidentale e non essi stessi fonti di introspezione. Ma, al di là di qualche difetto – ad esempio, le diverse inflessioni dialettali che, lungi dallo spersonalizzare la città, finiscono col dare un tono un po’ macchiettistico – il film colpisce con la normalità con cui viene descritta la coppia Paolo/Luca, rara nel cinema italiano, e per la profondità con cui fa riflettere sul fatto che basta una zaffata di vento contraria (quella a cui si riferisce Bernard-Marie Koltès ricordato nei titoli di testa: “basta un poco di vento a farci volare via”), per distruggere irrimediabilmente delle vite.

(Vincenzo Patanè)

Eccellente metafora della condizione dei gay drammatizzata dalla perdita avvertita dalle vittime del terrorismo, Il vento, di sera di Andrea Adriatico crea immediatamente un’atmosfera avvincente che non cala mai fino alla sua conclusione magnificamente riflessiva. Segno potente di un cinema italiano rinvigorito, il film parla al più vasto pubblico europeo che sperimenta l’aumento del terrorismo interno mentre si confronta con i temi della discriminazione nei confronti dei gay. Fredde, generalmente effettuate a spalla, le riprese notturne evocano immagini ipnotiche che accompagnano un racconto semplice e umano. Le migliori prospettive commerciali sembrano essere nei mercati urbani di alto livello e nei festival nordamericani.
Piuttosto che osservare le cause e gli effetti sociali del delitto politico, come accade in film italiani come Lettera aperta a un giornale della sera di Francesco Maselli o Buongiorno notte di Marco Bellocchio, Adriatico (con il co-autore Stefano Casi) si concentra qui su una persona amata dalla vittima e sopravvissuta.
Questa permanenza dall’inizio della sera fino all’alba, attraverso le strade di Bologna, assume una qualità sua propria, così che alla fine le questioni centrali del Vento vengono sviluppate in una direzione del tutto differente rispetto a quello che le scene iniziali suggerivano. Il fattore tempo e il sentimento del girovagare evocano memorie di film differenti ma chiaramente influenti come La dolce vita di Fellini La notte di Antonioni. Tuttavia Adriatico, veterano regista teatrale con tre cortometraggi al suo attivo, afferma una voce personale nel suo bel debutto.

(Robert Koehler, Variety)

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Trailer

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