Le Gocce e una città che spreca i suoi talenti
Scrivo spinto dal bisogno di parlare delle Gocce, dell’ architetto Cucinella (che non ho la fortuna di conoscere)e della richiesta che muovo da tempo di portare le stesse da uno sgangherato magazzino di periferia a Teatri di Vita. Non fu possibile, non è possibile. E’ bene che marciscano lì. E’ bene che Bologna anneghi nel suo passato e nel suo blasone senza speranza. Eppure non riesco a rassegnarmi. E’ mai possibile che non si possa avere il benché minimo scatto d’ orgoglio? Che si possa dire basta a questa abitudine di vivere contro, sempre contro qualcosa e qualcuno? Mario Cucinella è un architetto molto bravo. Ha firmato la nuova sede del Comune che, può piacere o no, offre dignità e decoro ad un’ area dismessa. E’ anche l’ autore di quel bellissimo progetto sulla casa eco compatibile a 100.000 euro che è un’ idea che gira il mondo. Cucinella ha uno studio a Bologna. E da Bologna esporta il suo lavoroe quello dei suoi collaboratori in molte parti del pianeta. Noi cosa facciamo dei suoi lavori? Li immagazziniamo in un deposito. Il tutto perché sempre loro, i soliti politici di turno, anziché spendere i nostri soldi per il nostro benessere pensano a come gestire il proprio potere montando e smontando a piacimento opere che diventano loro malgrado scomodi simboli di vittorie e sconfitte. NON se ne può più. La gente è stufa. I cittadini di Bologna sono migliori dei loro politici. Restituire le Gocce alla città è un atto doveroso, che chiunque, con un po’ di buonsenso, farebbe. Cucinella è uno degli architetti che esportano il «disegno» italiano e Bologna non è certamente migliorata con la dismissione delle Gocce. Né è migliorato il sottopassaggio di piazza Re Enzo. Di questi tempi non sarebbero possibili neanche le Torri di Kenzo Tange che pure svettano come simbolo di una città che seppe innovare. Personalmente lo ripeto dal giorno in cui Cofferati decise di rimuoverle da Piazza Re Enzo: le Gocce starebbero benissimo a Teatri di Vita. Perfezionerebbero un luogo che ha un’ identità giusta per loro. E, cosa più importante, sarebbero a disposizione della gente e non in un magazzino. Ma le Gocce sono anche il simbolo di una città che spreca i suoi talenti. E li custodisce nei depositi. Sono l’ espressione di una città ferma, impantanata. Senza accorgercene siamo finiti come dentro quel gioco viruale che tanto andava qualche tempo fa, Sim City, nel quale la città ideale rischiava di appassire e ingrigire senza le cure adeguate… Bologna, oggi, non sa esprimere se stessa. E chi non sa esprimersi, ha bisogno d’ aiuto. Bisogna ricominciare ad occuparcene. Molto seriamente.
L’articolo è uscito su «la Repubblica» (Bologna), 21 marzo 2010