Benni e la nostalgia del presente

C’ è lo sguardo di Pompeo che brilla su uno schermo e dietro di lui un murales con uomini con braccia levate in aria che incalzano nuove storie di rivoluzioni operaie negate. Si sovrappongono quasi, quelle grandi mani nervose in bianco e nero disegnate da Andrea Pazienza per illustrare la storia di uno dei suoi personaggi più celebri e il grande affresco urbano che fa da sfondo al palco improvvisato del Crash, giovane centro sociale cittadino occupato, nato nel capannone abbandonato in uno spiazzo rotatoria tra la via Zanardi, che proprio il “Paz” consacrò, e quello che fu il laboratorio d’ arte dello stilista Massimo Osti, altro grande creativo di una Bologna che non c’ è più. Il Pompeo di Andrea Pazienza non arriva al Crash per caso. Lo conduce lì, per mano, uno straordinario Stefano Benni. Benni, quel Pompeo di Pazienza, lo rivela lentamente, sommessamente ma fieramente in mezzo al fumo di sigaretta che sale, e in un’ atmosfera che già da sé evoca nostalgia e sogno.Sarà per l’ energia che ti regala una serata stracolma di gente; sarà per l’ emozione che si prova, daquarantenni, al trovarsi accanto ad una marea di giovani che quasi mai vedi assieme; sarà per la stranezza di respirare quel fumo di sigaretta in uno stanzone povero (ma ricchissimo di motivi per esistere), che io, oggi, di Benni forse so qualcosa in più. Ad esempio capisco meglio la profondità e l’ onestà di quel grido lanciato contro i “ruffiani culturali” che agitano questa città e le rubano la possibilità di nostalgia. Già, la nostalgia. E’ una nostalgia del presente quella di Benni. La nostalgia di un autore consacrato da successi personali che si prende la briga di offrirsi, attore quale non è, lettore quale non è, omaggiando un altro grande della storia di una Bologna da rimpiangere, il Paz. Non è poco. Davanti a quel mare di gente, le gesta di Pompeo, 22 anni, la droga, e uno struggente affetto per una madre lontana, suonano come nostalgia di un presente che avrebbe potuto essere e non è. Io, Benni me lo ricordo sotto il megaschermo in piazza Maggiore, mentre affioravano i dati elettorali delle ultime elezioni. Un qualsiasi tifoso della città che aspettava esiti considerati felici. Me lo ricordo lì. In quella Piazza dove ogni anziano ti ricorderebbe che ci vanno i bolognesi che amano Bologna. Ieri sono andato, spettatore, al suo Pompeo, perché non l’ ho mai conosciuto di persona ma ne sento la mancanza. Per una sera è tornato a “fare” un uomo di cui questa città dovrebbe avere una fortissima nostalgia. Come pure di tutti quelli che la amano così tanto da volerle dare qualcosa. Oggi Benni è in viaggio verso un altrove. Personalmente vorrei che il suo altrove passasse spesso da qui, anche senza fermarsi troppo, perché chi si ferma troppo è perduto. Vorrei che il suo altrove passasse dai cortili delle nostre estati, dalle piazze dei nostri eventi, dai teatri dei nostri inverni. E a giudicare dalla folla di ieri non sono il solo.

L’articolo è uscito su «la Repubblica» (Bologna), 18 maggio 2007