Parole Jelinek. Miti d’oggi

Miti d’oggi. Più miti che oggi. Miti come un aggettivo che suona come una qualità e perde sempre più senso nella nostra furia contemporanea. Un aggettivo che, al singolare, è forse quello più appropriato per descrivere l’animo della scrittrice, quella sì d’oggi, che risponde al nome di Elfriede Jelinek. Una donna, mite. Giocando con le origini greche di “mito” e quelle latine di “mite” Elfriede potrebbe scrivere pagine e pagine. Divertendosi a scomporre e ricomporre il senso di una storia. E quindi dell’oggi. Amata e detestata, capace di scatenare le furie di una politica aggressiva come quella di Jörg Haider, il governatore della Carinzia che strapazzò l’Austria degli anni ’90 e 2000 guidandola verso un ritrovato spirito nazionalista di impianto liberale, Elfi è forse la più accorata “testimone guida” dell’Europa post pasoliniana. In un tempo che spinge l’essere miti all’esilio, ecco che la sua scelta non ha potuto che essere quella di stare “in disparte”. Come lei stessa ribadì in occasione del suo discorso alla cerimonia in cui le venne attribuito il Premio Nobel, un premio ricevuto non senza polemiche agguerrite proprio tra quegli stessi intellettuali spesso bersagliati e bistrattati dalla sua penna. Post pasoliniana non per caso, non per moda.

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