Signori artisti siate generosi

La prima di un’ opera che salta per lo sciopero degli orchestrali è indubbiamente una notizia. Ma una notizia per chi? Al nostro tempo è già davvero difficile far passare ai cittadini il valore di uno sciopero in settori strategici, come ad esempio i trasporti, che sanno di ore d’ inferno passate in aeroporti o stazioni ferroviarie, figurarsi uno sciopero nello spettacolo. Cosa si pensa possa davvero arrivare di uno sciopero di artisti e musicisti, considerati purtroppo come sono considerati (poco) nel tessuto sociale del nostro paese? Posso scommettere che davvero in pochi sappiano le ragioni per le quali il Comunale ha quest’ anno amputato la sua prima. Molti sapranno che l’ orchestra ha scioperato, e sapranno che con un colpo di teatro, il suo nuovo sovrintendente, Marco Tutino, ha deciso di rimpiazzare gli orchestrali con un pianoforte. E molti conosceranno l’ esito di queste scelte: un teatro pieno a metà, interesse mediatico ai massimi, radio, giornali e televisioni come non si vedevano da tempo.

Ma le motivazioni profonde per incrociar le braccia? A Bologna si è scioperato per ragioni di orario. Ma può dunque ridursi tutto in una dinamica da cartellino quando il complessivo della prestazione settimanale è ben al di sotto del monte orario di innumerevoli classi di lavoratori anche di categorie ben più usurate? E purtroppo in questa vicenda sembra affacciarsi una scomoda verità: in un momento storico in cui il lavoro sta trasformando la propria identità, ed in ogni settore le garanzie acquisite vanno ridiscusse, occorre a mio avviso rimettere mano all’ etica. E l’ etica della cultura chiede prima di tutto, e con forza, che chi lavora nello spettacolo tenti di scalare di nuovo i vertici di questa società per recuperare il proprio posto perduto. Deve recuperare in altre parole peso sociale e simpatia, credibilità e spessore. Con questo genere di scioperi non accade. Ecco perché la gente capisce a fatica le ragioni. Perché non si può costruire uno sciopero «contro». Perché questa città ha bisogno e urgenza di rilanciare le sue istituzioni culturali e uscire dal torpore di una mediocrità tranquilla. Perché un nuovo Sovrintendente va supportato fino a prova contraria, non subito osteggiato. Pena un sospetto corporativismo. Ma c’ è di più: il sindacato dice che l’ orchestra vuole suonare, anche in quei mesi in cui è pagata per farlo e non ha occasioni. Bene. Il contratto prevede usi dell’ orchestra alternativi. Mi auguro che Tutino, come lascia intravedere la proposta di usare piazza Verdi percorra questa strada. Magari rinforzando la didattica. E la didattica costruisce pubblico. Un Teatro di tutti è il risultato di artisti generosi. Che magari possano domani rivendicare un sano aumento di stipendio e migliori condizioni professionali a fronte di un sano (e costante) aumento di produttività. L’ augurio dunque è che quest’ orchestra sia più generosa.. Senza dimenticare che in città opera un’ altra orchestra, la Mozart, che invece la simpatia la raccoglie eccome. L’ alternativa e il rischio è che il lavoro in affitto, pian piano, entri anche nei nostri Teatri. E chissà, in fondo, che non sia un bene.

L’articolo è uscito su «la Repubblica», 20 gennaio 2007